IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha pronunziato la seguente ordinanza:
      1)  sul ricorso n. 1872/85, proposto da Castrogiovanni Domenica,
 Patti Angelo, soc. Patti Angelo e Giunta Giuseppe, in persona dei due
 soci e legali rappresentanti, tutti  rappresentati  e  difesi  -  per
 procura  rilascita  in  calce  all'atto introduttivo - dagli avvocati
 Nicola Seminara e Maurizio Solari, e domiciliati elettivamente presso
 lo studio del primo, in Catania, corso delle Province n. 203,  contro
 la  Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Enna
 in persona del suo presidente pro-tempore, rappresentata e difesa dal
 prof. avv. Salvatore Sambataro e dall'avv. Salvatore Mazza, presso lo
 studio del quale e' elettivamente domiciliata in catania, via  Napoli
 n.  51,  e  nei  confronti  della  cooperativa  agricola  "Valle  del
 Dittaino"  con  sede  in  Assoro  (Enna),  in  persona   del   legale
 rappresentante,  rappresentata  e difesa dal prof. avv. Michele Ali',
 presso lo studio del quale e' elettivamente domiciliata  in  Catania,
 via  Crociferi  n. 60, per l'annullamento della delibera n. 85 del 29
 aprile 1985 con cui la cooperativa  "Valle  del  Dittaino"  e'  stata
 autorizzata   dalla   Giunta  camerale  ad  impiantare  un  panificio
 industriale con una potenzialita' giornaliera di  q.li  180  di  pane
 nell'area di sviluppo industriale di Dittaino;
      2) sul ricorso n. 1873/85, proposto da Campisi Luigi, in proprio
 ed    in    qualita'    di   presidente   e   legale   rappresentante
 dell'associazione provinciale panificatori di Enna,  rappresentato  e
 difeso   dagli   avvocati   Maurizio   Salari   e   Nicola  Seminara,
 elettivamente domiciliato in Catania, corso delle  province  n.  203,
 presso  lo  studio  di  quest'ultimo,  contro la Camera di commercio,
 industria, artigianato e agricoltura di Enna come sopra rappresentata
 e difesa, e  nei  confronti  della  coperativa  agricola  "Valle  del
 Dittaino",  come  sopra  rappresentata  e  difesa, per l'annullamento
 della delibera n. 85 del 29 aprile 1985 emessa dalla giunta  camerale
 sopra richiamata, avversata anche con il precedente ricorso;
      3)  sul  ricorso  n.  2604/1985,  proposto,  congiuntamente  dai
 medesimi soggetti che hanno assunto la qualita' di  ricorrenti  nelle
 due  precedenti  impugnative,  vale  a dire: Castrogiovanni Domenica,
 Patti Angelo, s.d.f. soc. Patti Angelo  e  Giunta  Giuseppe,  Campisi
 Luigi, come sopra rappresentati, difesi e domiciliati, contro la Cam-
 era  di  commercio,  industria,  artigianato  e  agricoltura di Enna,
 rappresentata e difesa come sopra indicata,  e  nei  confronti  della
 copperativa agricola "Valle del Dittaino", come sopra rappresentata e
 difesa nonche' nei confronti di Tusa Antonino n.q., non costituito in
 giudizio,   per   l'annullamento   della   licenza  di  panificazione
 rilasciata dalla C.C.I.A.A. di Enna (n. 210  del  9  settembre  1985)
 alla  controinteressata cooperativa agricola "Valle del Dittaino" per
 l'esercizio della panificazione nel nuovo impianto sito nell'area  di
 sviluppo  industriale  di  Dittaino,  della potenzialita' di q.li 180
 nelle 24 ore;
    Visti i ricorsi con i relativi allegati e richiamata  la  sentenza
 n.  345/87 coevamente adottata dal collegio, con la quale tra l'altro
 i ricorsi medesimi sono stati riuniti;
    Viste le comparse  di  costituzione  della  Camera  di  commercio,
 industria,   artigianato   e   agricoltura  di  Enna,  nonche'  della
 cooperativa agricola "Valle del Dittaino";
    Visto l'atto di intervento adesivo ad adjuvandum depositato  dalla
 Federazione   italiana   panificatori-pasticcieri,   in  persona  del
 presidente e legale rappresentante, con il patrocinio degli  avvocati
 Nicola Seminara e Maurizio Salari;
    Vista l'ordinanza di questa sezione n. 25/87, di rinvio alla Corte
 costituzionale della questione di costituzionalita' dell'art. 2 della
 legge n. 1002/1956;
    Vista   la   sentenza   della  Corte  costituzionale  n.  960/1988
 dichiarativa dell'inammissibilita' della questione solevata;
    Viste le memorie e i documenti prodotti  dalle  parti  a  sostegno
 delle rispettive difese, anche in sede di riassunzione del giudizio;
    Visti gli atti tutti delle cause;
    Designato  relatore  per la pubblica udienza del 13 luglio 1990 il
 referendario dott. Carlo Taglienti;
    Uditi, gli avvocati  Nicola  Seminara  e  Maurizio  Salari  per  i
 ricorrenti,  l'avv.  Salvatore Mazza per l'amministrazione intimata e
 l'avv. Michele Ali' per la cooperativa agricola controinteressata;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Riunitasi piu' volte, per esprimere il suo  parere,  fra  l'altro,
 anche in merito alla richiesta autorizzazione di impianto di un nuovo
 panificio  inoltrata  ai  primi  del  1985 da parte della cooperativa
 agricola "Valle del Dittaino", l'apposita commissione camerale  -  di
 cui  alla  legge  31  luglio 1956, n. 1002 - a seguito delle discordi
 opinioni espresse dai vari componenti  rimetteva  sostanzialmente  la
 valutazione  in  proposito  alla  giunta camerale della C.C.I.A.A. di
 Enna.
    Quest'ultima deliberava, in data 29 aprile  1985,  di  autorizzare
 l'impianto  di detto panificio, avente una potenzialitaa' giornaliera
 di q.li 180 di pane.
    Avverso tale delibera  insorgono  con  il  ricorso  n.  1872/85  i
 soggetti sopra richiamati, che adducono le segunti censure:
      1)  violazione  dell'art. 2 della legge 31 luglio 1956, n. 1002;
 eccesso di potenza per violazione  di  circolari  e  per  carenza  di
 motivazione.
    Sostiene la rispettiva difesa che la giunta camerale, ascoltato il
 parere  della  commissione  consultiva  ex  art.  2  della  legge  n.
 1002/1956, concede l'autorizzazione dopo aver valutato i seguenti tre
 elementi:
      densita'   di   panifici   esistenti   (con   riferimento   alla
 potenzialita' produttiva degli impianti gia' autorizzati);
      volume della produzione (c.d. fabbisogno della popolazione);
      localita' di ubicazione.
    Soggiunge detta difesa che la potenzialita' produttiva deve essere
 valutata  considerando  il  numero  degli  abitanti  della localita',
 tenendo presente il consumo giornaliero pro capite  che,  nelle  piu'
 recenti  indagini  Istat,  ammonta  a  gr 200 circa. Ora, contando il
 Comune di Assoro 5226  abitanti,  ed  essendo  la  potenzialita'  dei
 panifici  esitenti  di  q.li  72,  assolutamente sproporzionata e' la
 produzione autorizzata di 180 quintali di pane.
    La  C.C.I.A.A.,  in  sostanza,  non  avendo  valutato   la   (gia'
 eccedente)  capacita'  produttiva  nel  comune  ove  ha sede il nuovo
 impianto, ha disapplicato la legge n. 1002/1/956, come si  desume  da
 copiosa giurisprudenza.
    La  palese  illegittimita'  dell'atto  sid  esume  anche  dal  suo
 contrasto con la circolare  n.  404  in  data  22  ottobre  1970  del
 Ministero dell'industria.
    In  presenza  della  potenzialita'  produttiva  esistente,  non si
 sarebbe dovuto adottare l'impugnato provvedimento;
      2) eccesso di potere per sviamento di potere.
    Con quest'ultimo - afferma difesa attorea - si  e'  perseguito  un
 fine  diverso  da  quello  voluto dalla legge n. 1002/1956, la quale,
 oltre a tutelare  l'interesse  generale,  indirettamente  salvaguarda
 anche  gli  interessi  dei  produttori  esistenti, i quali potrebbero
 ricevere  un  danno  dalla  concorrenza  di  nuovi  esercenti   (cita
 giurisprudenza).  Sempre  rifacendosi a pronunce giurisprudenziali, i
 ricorrenti affermano che nelle legge deve ravvisarsi l'esigenza di un
 (tendenziale) equilibrio fra  domanda  e  oferta  di  pane  (articolo
 ancora tanto peculiare nel nostro Paese).
    La  C.C.I.A.A.  di  Enna,  ha,  invece,  introdotto considerazioni
 fuorvianti laddove ha richiamato un  documento  delle  organizzazioni
 sindacali  favorevole  all'installazione  del panificio, e laddove si
 rifa' a un parere legale da essa richiesto;
      3) eccesso di potere per  manifesta  illogicita'  e  difetto  di
 motivazione.
    La quantita' di produzione di pane autorizzata potrebbe soddisfare
 il  fabbisogno  di una popolazione enormemente superiore a quella del
 comune di Assoro, e nemmeno ipotizzando un (non espresso) ampliamento
 delle valutazioni all'intera provincia  di  Enna  (dove  gia'  esiste
 un'eccedenza   di  produzione)  si  raggiungerebbe  l'equilibrio  fra
 popolazione e capacita' produttiva (a fronte di  una  popolazione  di
 190.000 abitanti, risulta gia' esistente una potenzialita' produttiva
 di 700 q.li, e un consumo complessivo di 500 quintali).
    Con  il  ricorso  n.  1873/85  il  sig.  Campisi Luigi, presidente
 dell'Associazione provinciale panificatori di Enna, e panificatore  a
 sua  volta,  nel  riproporre  i  medesimi  motivi su cui e' basata la
 precedente  impugnativa  (con  svolgimento  di  ulteriori  argomenti)
 afferma che interesse dell'Associazione panificatori alla controvesia
 de  qua  sorge  dalla  lesione degli interessi di tutte le aziende di
 panificazione esistenti nella provincia (in numero di  118,  con  una
 potenzialita'  produttiva  di  2.085 quintali nelle 24 ore e di oltre
 700 nelle 8  ore),  provocata  dal  provvedimento  autorizzativo  nei
 confronti della controinteressata cooperativa.
    Questo,  infatti,  crea  un'evidente  sproporzione  fra  capacita'
 produttiva e fabbisogno della popolazione, e l'eccesso di concorrenza
 derivante potra' provocare l'eliminazione delle imprese piu' piccole.
    Nel costituirsi in giudizio, in relazione ai  primi  due  gravami,
 per   la   C.C.I.A.A.  resistente,  la  rispettiva  difesa  eccepisce
 l'inammissibilita' del ricorso nei riguardi di un atto che si  assume
 essere    endoprocedimentale,    con    funzione   preparatoria   del
 provvedimento definitivo  che  non  e'  stato  ancora  adottato.  nel
 merito,  la stessa difesa rileva che il pane prodotto e' destinato ai
 mercati del Nord, per contrastarvi la produzione di pane  di  carente
 qualita'  con quello ottenuto con farina di grano duro (di produzione
 propria, e che dunque e' fuori luogo il riferimento alla "localita'".
    Nella comparsa di  costituzione  relativa  al  terzo  ricorso  (n.
 2604/8z5),  la  stessa  difesa eccepisce che l'iniziativa industriale
 della  cooperativa  "Valle  del  Dittaino"  ha  ricevuto  sostegno  e
 (rilevanti) finanziamenti dalla CEE, dal Ministero dell'agricoltura e
 dall'assessorato regionale agricoltura e foreste (il finanziamento e'
 di  L.  1.250.000.000 dalla CEE e L. 2.800.000.000 dal Ministero). Un
 cosi'  rilevante  impegno postula che la sussistenza dei requisiti di
 legge si a previamente accertata ad opera di tali organi, nel  quadro
 di una evoluzione normativa in linea con l'attuale sensibilita' verso
 i   fenomeni   di   integrazione  fra  i  processi  di  produzione  e
 trasformazione dei beni agricoli.
    La considerazione di siffatti profili di  interesse  pubblico  sul
 piano   processuale  pone  l'esigenza,  a  parere  di  detta  difesa,
 dell'integrazione del contraddittorio  nei  riguardi  di  tali  enti.
 Soggiunge  la  difesa  della camera di commercio, I.A.A. che non puo'
 l'atto impugnato produrre lesione di interessi dei ricorrenti fino  a
 che   non  si  dimostri  che  l'autorizzazione  riguarda  gli  stessi
 prodotti, cio' che invece deve escludersi, trattandosi in un caso  di
 normale  panificazione,  nell'altro  di "pane prodotto esclusivamente
 con semolato rimacinato a  lievitazione  naturale  acida"  (eccezioni
 ribadite con successive memorie).
    Nell'atto  di  intervento  adesivo  ad  adiuvandum spiegato per la
 Federazione italiana panificatori in relazione al giudizio instaurato
 da  Campisi  Luigi  (n.  1873/85),   la   difesa   dell'interveniente
 sottolinea che sussiste interesse per tutti i panificatori nazionali,
 stante  l'intento  dichiarato  della  cooperativa  di vendere il pane
 prodotto  sull'intero   mercato   nazionale.   Sostiene   la   difesa
 dell'interveniente  che  da  sempre  la  produzione  di pane e' stata
 attivita' di  primaria  importanza  nell'economia  italiana,  e  cio'
 spiega  l'emanazione di una normativa particolare in proposito (legge
 n. 1002/1956) che, fra l'altro, si propone la salvaguardia, oltre che
 dell'interesse collettivo, di quello dei produttori,  consentendo  il
 rilascio  di  nuove  concessioni solo quando lo consenta la capacita'
 produttiva esistente.
    Aggiunge l'interventore che, mentre la rigida normativa costituita
 dalla legge n. 1002/1956 segui' come necessario rimedio a un  periodo
 di  grande eccesso di licenze di panificazione (e crollo nei consumi)
 seguita all'abrogazione della pregressa normativa  (legge  9  gennaio
 1939,  n.  143)  da parte della legge 7 novembre 1949, n. 857, ancora
 oggi la situazione non e' mutata.
    Dal canto suo la difesa della  cooperativa  "Valle  del  Dittaino"
 chiede  la  riunione  di tutti i ricorsi e dell'atto di intervento di
 cui  sopra,  indi,  ponendo  in  rilievo  il  flusso  imponente   dei
 finanziamenti  da  parte di organi comunitari, nazionali e regionali,
 evidenzia la portata nazionale e comunitaria  dell'iniziativa,  e  il
 fatto  che  la  C.C.I.A.A.  di  Enna  e'  stata  interessata  solo  a
 conclusione del complesso iter.
    La   difesa   della   controinteressata    cooperativa    prosegue
 sottolineando  la  natura industriale della sua attivita', nonche' la
 dimensione nazionale e addirittura comunitaria  del  mercato  in  cui
 intende collocare i suoi prodotti. Da cio' consegue l'irrilevanza del
 riferimento alla localita', sicche' l'art. 2 della legge n. 1002/1956
 non   ricomprende   la  fattispecie  in  esame,  ovvero  le  relative
 disposizioni vanno interpretate in  senso  evolutivo,  nel  senso  di
 consentire  alla  C.C.I.A.A.  una valutazione rapportata ai piu' ampi
 sbocchi previsti per la produzione.
    In  via  subordinata  (ove  non  si  accedesse  a  una   consimile
 interpretazione   evolutiva),   detta  difesa  solleva  eccezione  di
 incostituzionalita' del ripetuto art. 2 della legge n. 1002/1956  per
 contrasto  con  gli  artt.  3,  41  e 97 della Costituzione, sotto il
 profilo  della  violazione  dei  principi della ragionevolezza, della
 liberta' di iniziativa economica e del buon andamento della  pubblica
 amministrazione.
    Nella  successiva  memoria depositata in data 12 febbraio 1987, la
 medesima difesa, richiamato l'art. 11 della stessa  legge  1002/1956,
 profila la tesi che esisterebbero due categorie di panifici, l'una in
 cui  rientrerebbero quelli che destinano la produzione esclusivamente
 nella localita' ove hanno sede (soggetta ai limiti  di  cui  all'art.
 2),  e  l'altra  comprendente  i  panifici  che  destinano altrove la
 propria produzione (che sfugirebbe al cennato regime autorizzatorio).
 In caso contrario, non si sfugge alla  (gia'  sollevata)  censura  di
 incostituzionalita'.
    Avversano  detta  eccezione di incostituzionalita' con varieta' di
 argomentazioni sia la difesa dei ricorrenti e dell'interventore  (che
 obietta  anche  alle  altre  eccezioni  sollevate  dalle contrapposte
 difese, nelle memorie  successivamente  depositate),  sia  la  difesa
 della convenuta C.C.I.A.A., la quale - nella memoria depositata il 13
 febbraio  1987  -  propugna  un  criterio ermeneutico suscettibile di
 evitare    la    proposta    eccezione,    valorizzando    l'elemento
 dell'"opportunita'"   contenuto   nell'art.   2   in  discussione,  e
 richiamando   il   principio   della   completezza   dell'ordinamento
 giuridico.
    Alla  pubblica udienza del 24 febbraio 1987 le cause sono passate,
 dopo ampia discussione, in decisione.
    Con l'ordinanza n. 25/1987 questa sezione ha  sollevato  questione
 di illegittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge n. 1002/1956
 per contrasto con gli artt. 3, 41 e 97 della Costituzione.
    La  Corte  costituzionale, con sentenza n. 960/1988, ha dichiarato
 inammissibile la questione in quanto nell'ordinanza di remissione  si
 sarebbe  data  una  lettura  antinomica della disposizione impugnata,
 tale da rendere ancipite l'ordinanza stessa e quindi irrisolvibile la
 duplicita' del giudizio.
    Riassunto il giudizio,  le  parti  hanno  ribadito  le  tesi  gia'
 esposte,   ivi   inclusa   la  questione  di  costituzionalita'  gia'
 sollevata.
    Alla pubblica udienza del 13 luglio 1990, dopo ampia  discussione,
 le cause sono nuovamente passate in decisione.
                             D I R I T T O
    1.  -  La  questione  oggetto  dei ricorsi indicati in epigrafe e'
 costituita dall'avvenuta concessione da  parte  della  C.C.I.A.A.  di
 Enna  della autorizzazione di cui all'art. 2 della legge n. 1002/1956
 alla cooperativa agricola "Valle  del  Dittaino"  per  l'impianto  di
 panificio in comune di Assoro.
    I  ricorrenti  assumono  violato  il disposto del citato art. 2 il
 quale consenta l'insediamento di nuovi impianti  "in  relazione  alla
 densita'  dei  panifici esistenti e del comume della produzione nella
 localita' ove e' stata cheista l'autorizzazione".
    Infatti sia nel comune di Assoro che nella provincia  di  Enna  vi
 sarebbe  gia' una situazione di saturazione della produzione del pane
 che non consentirebbe  l'autorizzazione  per  l'installazione  di  un
 grosso impianto industriale, come quello della cooperativa "Valle del
 Dittaino". Su tale situazione di fatto non esiste contestazione.
    Le  difese  dell'amministrazione  intimata e del controinteressato
 infatti si basano su una diversa  interpretazione  dell'art.  2  cit.
 che,  letto  in correlazione col successivo art. 11, consentirebbe il
 rilascio della autorizzazione nella presente fattispecie.
    Il collegio, riuniti gia' i ricorsi e dichiaratili ammissibili con
 precedente sentenza n. 345/1987,  ritiene  indispensabile  riproporre
 alla  Corte  costituzionale la questione gia' solevata, relativa alla
 non   manifesta   infondatezza    della    proposta    illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  2  della  legge  n.  1002/1956,  in quanto
 essenziale ed imprescindibile ai fini del decidere.
    Esclude infatti il collegio la possibilita'  di  una  lettura  del
 combinato  disposto  degli  artt.  2  e  11  della legge cit. tale da
 risolvere   la   certenza    prescindendo    dalla    questione    di
 costituzionalita'.
    In primo luogo infatti l'art. 2 non prevede ne' implicitamente ne'
 esplicitamente   la   possibilita'   che   si   possa   fare  a  meno
 dell'autorizzazione per impianti  che  trasportino  fuori  comune  il
 prodotto;  inoltre la possibilita' di tale trasporto, proprio perche'
 si riferisce ad ambiti comunali, puo' ben ritenersi  compatibile  con
 l'art.  2,  il  quale parla piu' genericamente di localita', la quale
 quindi potrebbe ricomprendere territori di piu' comuni limitrofi.
    Le norme di cautela cioe' dettate per il trasporto del pane da  un
 comune  all'altro non escludono affatto l'applicabilita' dell'art. 2,
 ma consentono una lettura del termine "localita'" che puo'  riferirsi
 ad ambiti territoriali di piu' comuni, ma comunque sempre all'interno
 dell'area provinciale, considerata la competenza per l'autorizzazione
 attribuita ad autorita' amministrativa provinciale.
    Il  principio quindi dell'autorizzazione legata alla produttivita'
 ed al fabbisogno "locale" rimane comunque insito nella  legge,  ferma
 restando  la  possibilita' di individuare localita' piu' o meno ampie
 nell'ambito provinciale.
    Poiche',   come   si   e'   detto,   risulta   incontroverso   che
 l'autorizzazione  di  che  trattasi comporta il superamento anche del
 fabbisogno della intera provincia di Enna, gia' satura, la  questione
 di costituzionalita' e' qui rilevante:
    2.  -  Orbene,  il  collegio dubita della costituzionalita' di una
 norma di legge sicuramente "datata", e legata a situzioni contingenti
 e di produzione non piu' sussistenti, considerati i tipi di  prodotto
 "a  lunga  cosnervazione"  oggi esistenti, che consentono trasporti e
 vendite a distanza di lungo e di tempo.
    Proprio in relazione alla  divesa  tipologia  della  panificazione
 oggi  esistente,  viene  in  evidenza il contrasto con l'art. 3 della
 Costituzione per avere la legge assoggettato  ad  una  autorizzazione
 basata  sugli stessi presupposti localistici sia impianti artigianali
 che  producono  pane  da   consumarsi   rapidamente,   sia   impianti
 industriali che producono pane a piu' lunga conservazione.
    Soprattutto  pero'  il  collegio  ritiene  violato l'art. 41 della
 Costituzione in quanto pone  irrazionali  limitazioni  all'iniziativa
 privata.
    Non  si  vede  infatti  quale  utilita' sociale per il consumatore
 possa derivare  da  una  normativa  dalle  caratteristiche  latamente
 corporative,  che garantisce il mantenimento di situazioni economico-
 produttive esistenti e posizioni  di  privilegio  alle  aziende  gia'
 esistenti,  tali da comportare addirittura l'esclusione dell'ingresso
 di nuove aziende in determinate condizioni.
    In linea di principio infatti una tale situazione, che comporta di
 fatto  un'assenza  di  concorrenza, puo' addirittura produrre effetti
 negativi sia sulla qualita' del prodotto che  sul  prezzo,  per  quei
 tipi di pane non soggetti a prezzo amministrato.
    Se quindi e' gia' poco compatibile con i canoni costituzionali una
 normativa  in  generale  tendente  ad  escludere forme di concorrenza
 all'interno di un settore produttivo, a maggior ragione  essa  appare
 illegittima  quando  cristalizza  a livello "locale-provinciale" tali
 situazioni, senza tener conto della possibilita' di produrre tipi  di
 pane che potranno essere venduti addirittura all'estero.
    Anzi, a ben vedere, la normativa in esame cosnentirebbe in ipotesi
 assai  marginali l'installazione nel territorio nazionale di impianti
 la  produzione  dei  quali  sia   proiettata   all'estero,   giacche'
 l'autorizzazione  viene rilasciata in relazione ai fabbisogni locali:
 se  questi  sono  gia'  soddisfatti   dalla   produzione   esistente,
 l'autorizzazione  sara' negata; se il fabbisogno invece non e' ancora
 soddisfatto, l'autorizzazione verra' rilasciata  solo  per  la  quota
 residua  che,  sia per quantita' che per evidente utilita' economica,
 non    potra'    certo    esser    tale     da     consentire     una
 commercializzazioneall'estero.
    Infine  la  norma in esame appare in contrasto con l'art. 97 della
 Costituzione  perche'  sottopone  a  provvedimento  autorizzativo  di
 autorita'   provinciale  l'esercizio  di  attivita'  industriale  con
 rilievo nazionale e comunitario.
    In ordine a cio' si rileva conclusivamente come  disposizioni  del
 genere  di  quelle in esame, sia per il carattere localistico che per
 la "chiusura" del mercato o  la  limitazione  della  concorrenza,  si
 pongono  in  stridente  contrasto  con  i  principi  comunitari sulla
 liberta' di commercio e di stabilimento.